Agnello, abbacchio o capretto?
Il cliente al banco: “mi dà quell’agnello?”
Il macellaio: “L’abbacchio dice?”.
E il cliente: “ma perché non sono uguali?”
E no, non sono uguali! E non hanno neanche lo stesso sapore!
Agnello, abbacchio o capretto quindi?
La confusione di molti, soprattutto nel Lazio dove da sempre l’abbacchio la fa da padrone…faccio quindi un po’ di chiarezza.
Iniziamo col dire che abbacchio e agnello hanno in comune che sono piccoli di pecora, a differenza del capretto che come si intende dalla parola stessa è il piccolo di capra, un altro animale.
Abbacchio è un termine dialettale tipico del Lazio che con il tempo ha finito per caratterizzare nella penisola una tipologia precisa di animale. La differenza sostanziale che distingue abbacchio dall’agnello è che l’animale non bruchi l’erba ma che naturalmente venga nutrito con il latte, questo dà alla carne un sapore delicato ed un colorito roseo chiaro.
Questo perché la carne di ovino cambia nettamente di sapore nel momento in cui l’animale inizia a nutrirsi di erba assumendo un sapore forte e selvatico, sapore tipico degli ovicaprini, caratterizzato da una carne più tenace, scura e grassa.
Il Capretto, come l’Abbacchio, non bruca l’erba ma differisce in maniera sostanziale sia nella fisionomia (essendo un animale completamente diverso), sia nel colore e nel sapore della carne.
La Capra in genere è un animale fisicamente più attivo della pecora e per questo la carne risulta più magra e con un sapore deciso.
Quindi ricapitolando per non sbagliare:
- “Abbacchio” è un piccolo di PECORA che non si è mai nutrito di erba ma solo di latte, la carne ha un colore rosa chiaro ed un sapore delicato;
- “Agnello” è un piccolo di PECORA che è stato svezzato e si nutre di erba. La carne ha un sapore più forte e selvatico, è più tenace ed il colorito è più scuro;
- “Capretto” è un piccolo di CAPRA che, come l’abbacchio, non si nutre di erba, la carne è decisamente più magra e più tenera, il colore è bianco chiaro, il sapore molto intenso.
Non mangiare industriale
Stay Brado